
FRANCO PURINI: «QUESTA ROMA CHE NON DISEGNA IL FUTURO»
29 Maggio 2018 - 10 minutes readIN OCCASIONE DELL’ULTIMO WEEK END UTILE PER VISITARE LA MOSTRA DI SINESTETICA CHE METTE ALLO SPECCHIO DUE GENERAZIONI DI ARCHITETTI, PURINI RISPONDE ALLE NOSTRE DOMANDE SULLA PROFESSIONE E SULLA CITTÀ
Era il 1987, oltre trenta anni fa, quando a Milano si apriva – dopo 9 anni di silenzio – la XVII Tiennale di Milano. Il tema era tutto proteso al domani della città: Le Città del Mondo e il Futuro della Metropoli. E dopo tutti questi anni si torna a immaginare la città, Roma per la precisione. Lo si fa in tempi cambiati, non solo dopo una crisi economica e di significato ma anche in un contesto in cui il peso specifico dell’architetto e del pensare la città sono mutati.
ROMA ALLO SPECCHIO 30 ANNI DOPO
1987–2017. Roma allo specchio. L’immagine della capitale tra passato e futuro è una mostra collettiva d’architettura (già allestita alla fine del 2017 presso il Centro per l’Arte Contemporanea “Palazzo Lucarini Contemporary”) a cura di Enrico Ansaloni e Maurizio Coccia – da un’idea di Franco Purini e Enrico Ansaloni – che vuole far riflettere gli attori dell’architettura in uno specchiarsi che è anche viaggio nel tempo, un confronto tra generazioni. La mostra è ancora visibile per il weekend negli spazi di Sinestetica in viale Tirenno n°70.
Qui sono esposti i lavori di dodici giovani architetti, in risposta ai progetti elaborati nel 1987 per la XVII Triennale di Milano, insieme ad alcuni dei disegni elaborati in tale occasione.
DUE GENERAZIONI A CONFRONTO
Dal 1987: Gianni Accasto, Alessandro Anselmi, Francesco Cellini, Claudio D’Amato, Giangiacomo D’Ardia, Vanna Fraticelli, Franz Prati, Franco Purini e Laura Thermes. Dal 2017: Carmelo Baglivo, Andrea Dragoni, Fabio Fabiani, Luca Galofaro, Lina Malfona, Francesco Messina, Giorgios Papaevangeliu, Gabriele Pierluisi, Luca Porqueddu, Giovanni Romagnoli, Pietro Zampetti, Laura Zerella.
«L’architettura non è più vissuta come un valore identificativo primario (…) tanto meno lo è la bellezza, che ha caratterizzato l’architettura del passato, ma anche del presente, un’assenza a Roma, in molte zone urbane contemporanee che pochi cercano di contrastare», a parlare è Franco Purini, architetto, saggista e docente che ha vissuto un’altra stagione dell’architettura, certo più dorata, e che ha il merito oggi di aprirsi al confronto con i giovani. Purini, che ha risposto alle nostre domande, è esponente del neorazionalismo italiano e della cosiddetta architettura disegnata, nel suo lavoro, ha approfondito il tema del rapporto rappresentazione/progetto e, più in generale, quello dell’architettura con la città.
ARCHITETTI, SISMOGRAFI DELLA SOCIETÀ
La mostra stimola una riflessione che nasce dalla crisi, da uno dei momenti più cupi per la Capitale e che qui, negli spazi di Sinestetica, viene finalmente affidato ad architetti giovani, architetti come «sismografi delle società – così lì definisce la direzione artistica dello spazio culturale di Montesacro – sono tra i primi a palesare un sentimento volto alla riflessione incondizionata sul passato per gettare appunto il pensiero oltre l’ostacolo: attraverso la produzione di soluzioni che hanno la capacita di prevedere un futuro non ancora evidente agli occhi dei più, possiedono quell’innata alchimia capace di trasformare le idee in utopie realizzabili a cui guardare per sperare in una società differente». L’architetto immagina e parla di uno spazio cittadino che vada oltre le etichette di smart city o città vetrina, torna a pensare uno spazio che possa essere parte fondamentale nella costruzione dei valori della società, migliore, che abbiamo in mente.
INTERVISTA A FRANCO PURINI
Professor Purini, da questa mostra che mette a confronto due generazioni e più in generale dalla sua esperienza: come è cambiata la figura dell’architetto tra ieri e oggi?
«Limitandoci al nostro paese la figura dell’architetto e il suo ruolo sono molto cambiati negli ultimi vent’anni. Il loro numero è cresciuto in modo esponenziale mentre la legislazione non considera più il lavoro dell’architetto come un’opera d’ingegno, ma come la prestazione di un servizio. Inoltre la rivoluzione digitale ha modificato radicalmente l’attività progettuale rendendola sempre più tecnicizzata nonché omologata all’interno di una sorta di esperimento globale. Nel frattempo sono nate una serie di organizzazioni professionali, spesso formate più da ingegneri che da architetti, che hanno reso ancora più normalizzata la ricerca progettuale la quale, anche a causa di normative sempre più burocratizzate, sta facendo perdere velocemente i residui caratteri artistici che l’architettura dovrebbe possedere. Tutto ciò a favore di una crescente visione neofunzionalista del costruire, che trascura aspetti essenziali dell’abitare, quelli del significato umanamente più profondo, e antico quanto l’essere umano, del costruire».
In tempi di crisi della professione, a suo avviso, c’è anche una crisi del peso dell’architettura nella vita della città? Ed una mancanza di cultura architettonica nel comune cittadino?
«La sua domanda coglie un problema cruciale. La cultura architettonica dei cittadini è oggi piuttosto scarsa. Il degrado delle città è anche causato dal disinteresse di chi la abita. A parte una minoranza di cittadini che si occupano, e si preoccupano, delle condizioni critiche in cui versano oggi molte città- il caso di Roma è esemplare- la maggior parte della popolazione subisce disagi o vive in contesti problematici senza mobilitarsi per richiedere, e contribuire a costruire, alternative. Dai trasporti alla tutela dell’ambiente urbano, dallo stato dei quartieri, soprattutto quelli popolari, agli spazi pubblici, spesso inagibili, la città è sempre più ostile. Nonostante ciò in Italia non mancano, città soprattutto da Roma verso il nord, dove la vita è più dignitosa, piena di risorse e di momenti collettivi ricchi di possibilità di ogni genere. Occorrerebbe che questa tradizione fosse di ispirazione anche per le città le quali, per ragioni che non è possibile elencare in questa breve risposta, sperimentano ogni giorno situazioni sempre più difficili. Per quanto riguarda l’architettura si può affermare senza dubbio che essa non è più, nella maggior parte dei cittadini, vissuta come un valore identificativo primario, una delle componenti più rappresentative di una comunità. Tanto meno lo è la bellezza, che ha caratterizzato l’architettura del passato, ma anche del presente, un’assenza a Roma, in molte zone urbane contemporanee che pochi cercano di contrastare».
Quale è la più grande sfida architettonica/urbanistica per Roma? Quali sono le strade percorribili e sostenibili (oltre l’utopia e il progetto)?
«Roma è di fatto ferma, nel suo disegnare un possibile futuro, al mai realizzato Piano Regolatore Generale del 1962. Anche il nuovo, del 2008, non ha avuto un esito soddisfacente. Occorrerebbe che l’azione politica, ma anche una grande partecipazione da parte dei cittadini, individuassero un numero molto limitato di interventi strategici per cambiare il volto di Roma. A partire da ciò che essa è, senza, come lei giustamente suggerisce, inventarsi futuri che rimarrebbero solo sogni. Realizzare interventi per una mobilità che eviti il traffico che soffoca oggi la città ridefinendo il ruolo dei mezzi pubblici; avere più cura del patrimonio storico-artistico facendo sì che i Romani, e non solo i turisti, lo conoscano sempre di più; tutelare il verde, oggi abbandonato a se stesso; restaurare i quartieri popolari e provvedere a una loro manutenzione continua, a partire simbolicamente dal Corviale; restituire agli spazi pubblici la loro funzione; fare sì che le ex-borgate abusive, da tempo condonate, abbiano strutture pubbliche adeguate sono alcune di queste azioni rigeneratrici necessarie perché Roma possa rinascere. Lo ha fatto più volte nella sua storia millenaria, e deve farlo ancora. Al più presto. I disegni dei dodici giovani architetti che nella mostra presso la Galleria Sinestetica dialogano con il nostro progetto per Roma del 1987, sono per me l’annuncio di un prossimo, diffuso e concreto ridisegno della nostra città».
Informazioni
1987 – 2017. Roma allo specchio.
L’immagine della capitale tra passato e futuro.
Mostra collettiva d’architettura a cura di Enrico Ansaloni e Maurizio Coccia, da un’idea di Franco Purini e Enrico Ansaloni col patrocinio di Palazzo Lucarini Contemporary
Fino al 20 maggio presso Sinestetica, viale Tirenno 70 a/b, Roma
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